La scoperta dell’Artista e dell’Arte . Ermanno Galfetti
Scrivere le “A” maiuscole è nel rispetto e nell’ammirazione della rievocazione degli incontri con l’Arte nobile e con la nobiltà dell’Artista Erminia Fritsche.
Una simpatica, tanto semplice e tanto piacevole linoleografia ricevuta in regalo, mi incuriosiva alla scoperta dell’autore. La curiosità era appagata ad ogni incontro. Emozionanti scoperte di creatività, fantasia e realtà. Passavano gli anni prima di riuscire, quasi sfacciatamente, a rovistare nei suoi ordinati “filari” di opere disposte in svariati e occasionali posteggi. Non ripartivo da quegli incontri a mani vuote. Incontri dove sgorgavano le confidenze della propria vita e delucidazioni su quanto una sua opera voleva dire, dimostrare e rappresentare. Mi sono così ritrovato, con l’amico del cuore che mi accompagnava per aiutare l’Artista nel trasporto delle sue opere ai diversi centri espositivi, con una collezione di una cinquantina di opere, che troviamo nel presente catalogo ed esposte per la prima volta alla Galleria Risciada di Arzo – giugno 2008. Tra queste opere svariati disegni su carta che sempre solennizzavo con l’infamante scusa… “ho bisogno di un regalo per degli amici”.
A cinque anni dallo sposalizio con il cielo è più che mai presente con la sua personalità, la propria modestia e le innumerevoli produzioni artistiche sparse in Ticino e nella Svizzera tedesca. Di seguito, in compagnia di tante amiche e amici, siamo riusciti a raccogliere dati biografici inseriti in questo contesto. Potranno forse servire per un’esposizione retrospettiva su Erminia tra due anni, nel centenario dalla nascita. Verranno riportate citazioni e note biografiche e di ognuna verrà citato l’autore.
Desidero iniziare proponendo un breve profilo umano di Erminia Fritsche, raccolto presso la Casa anziani Caccia Rusca di Morcote visitando nell’aprile 2007 la signora Giulietta Bacciarini (classe 1920), che conosco da anni:
La signora Bacciarini accolse Erminia quando la nostra pittrice approdò a Bissone. Racconta e presenta Erminia come “una persona veramente speciale, un po’ schiva, che non amava frequentare luoghi pubblici, non giocava né a carte né a tombola. Ne era nata tra noi un’amicizia profonda, leale, basata su comprensione, sincerità, fiducia e onestà. Mi occupavo – continua la signora Giulietta – della contabilità e amministravo i suoi conti. Non voleva nemmeno verificarne l’esattezza, tale e totale era la fiducia. Si confezionava i propri abiti in quanto la mamma pretese che imparasse l’arte della sartoria (presso Ober a Zurigo) prima di frequentare la scuola d’arte pittorica. Ha potuto vivere grazie all’apporto delle vendite delle proprie opere. A Cadro i contadini le offrivano i pasti. Le sue porte erano sempre aperte per chi chiedeva degli interventi e specie si occupava dei piccoli animali trovatelli che gli allievi delle scuole gli portavano. Animali che riportava in libertà, ad eccezione dei gatti che le rimanevano fedeli e di un cucciolo di cane abbandonato in un viaggio in Grecia che nascose in valigia nell’attraversare la dogana: la voce di questo piccolo aneddoto si sparse in tutto il paese. La bandana che portava era rivolta con la punta verso la fronte: fu una novità poi imitata dalle donne di Bissone. Non si lasciava né sottomettere né comandare. Un pomeriggio – continua l’amica Bacciarini – mi offrivo di riordinarle la cucina, ma con fare benevolo mi apostrofò di “non atteggiarmi a perfezionista svizzera”. Amava e accettava le gite in battello, con particolare ammirazione dei colori di madre natura, dei colori delle quattro stagioni. Era fiera delle proprie conquiste artistiche. Sapeva ridere e gioire dei momenti belli che la vita le offriva. Amava un buon bicchier di vino e allora diventava un po’ più loquace, socievole e allegra. Golosa di patatine fritte e pollo, ai pranzi e alle cene diceva di non volersi scordare dei propri animali domestici, portandosi a casa quello che lei stessa avrebbe degustato nuovamente il giorno successivo, come tutti sapevano. Era un’amica sempre disponibile e quando si eclissava per qualche giorno era perché attanagliata dall’emicrania. Non amava disturbare in casa altrui. Amava il circo con gli animali e i giocolieri. I suoi quadri li chiamava i suoi figli. Quando non voleva vendere un’opera affermava: “non è ancora terminato!”, e così anche dopo mesi e dopo anni. È sempre stata riconoscente donandomi dei suoi disegni e mi sentivo appagata dalla sua fiducia”.