Testi di Eros Bellinelli tratti del libro “Arte di frontiera – vent’anni della galleria Tonino” Edizione del Convento Vecchio – 1989
(…)C’è poi da ricordare che il canton Ticino è stato, dall’ultima parte dell’Ottocento in poi, meta ospitale per intellettuali, scrittori, pittori e scultori di diversa provenienza etnico-culturale. I più famosi rimangono Paul Klee, Julius Bissier, Ben Nicholson, Hans Arp, Imre Reiner e Hans Richter. Ma parecchi altri hanno lasciato un’eredità che ormai fa parte del nostro patrimonio artistico: la russa Marianne von Verefkin; il tedesco Richard Seewald; il bernese Fritz Pauli; il sangallese Ignaz Epper e la moglie Mischa, di origine olandese; l’argoviese Johann Robert Schuerch; lo zurighese e ticinese di adozione Max Uehlinger; un altro ticinese d’adozione e di origine basilese, Ugo Cleis, il padre di Dimitri, Werner Müller; il lucernese Fritz Huf; e, inoltre, Albert Müller, stabilitosi a Obino; Otto steiger, Max Silzenbachner ed Ernest Musfeld di casa a Besazio; Paul Kamenisch e Kurt Wiemken a Castel San Pietro; Engelbert Pichler a Brusino; Samuel Wülser a Coldrerio e Theo Modespacher a Bissone, Wilhelm Schimid a Brè sopra Lugano.
A questi artisti d’origine straniera o confederata si sono aggiunti, via via in anni diversi del dopoguerra, Gisela Andersch, Cornelia Foster, Erminia Fritsche, Rosalda Gilardi Bernocco, Carlo Gulminelli, Vera Haller, Max Huber, Margherita Löwenstein, Leo Maillet, Maria Pospisilova, Italo Valenti, Germaine Verna e Max Weiss. (pagina 49/50)
“Erminia Fritsche, d’origine viennese, è nata il 15 agosto a Zurigo. Vive a Bissone. Dopo le scuole obbligatorie, ha seguito per un anno i corsi della Kunstgewrbeschule della città natale. Ha poi studiato – per tre anni e come allieva privata – presso il pittore Wilhelm Hummel, pure di Zurigo. La dedizione alla pittura ha provocato a Erminia Fritsche momenti difficili, che spesso ha superato nella solitudine di una scelta di vita coerente, non incline a patteggiamenti o ad allettamenti. Lo scultore e scrittore Manfredo Patocchi – che ha inaugurato con affettuose parole l’ultima mostra personale di Erminia Fritsche, tenutasi alla Tonino bis art gallery di Campione d’Italia lo scorso mese di aprile – ha ricordato questo episodio: La pittrice deve ritirare il suo passaporto di cittadina svizzera presso le autorità germaniche d’occupazione. Il funzionario nota sul passaporto di Erminia la qualifica di “artista pittrice” e invita la Fritsche a firmare l’adesione all’associazione delle donne intellettuali del nazzionalsocialismo. Quel formulario Erminia non l’ha mai sottoscritto. Rifiutò con fermezza l’invito. Rientrò in Svizzera.
Erminia Fritsche cominciò a esporre – in mostre collettive – nel 1940, a Zurigo. La sua prima personale l’ha però tenuta nel 1952 a Lugano, al Lyceumclub: infatti il Ticino è il suo paese d’adozione, poiché vi vive dal 1946. La sua attività pittorica è sempre stata molto intensa nonostante che spesso, per motivi economici, abbia dovuto essere intrecciata a lavori nell’arte applicata (tessitura, ceramica, decorazione). Ha avuto costanti contatti con la Svizzera tedesca, dove ha tenuto la maggior parte delle sue mostre personali. La sua pittura ha avuto in Aldo Patocchi , Gualtiero Schönenberger e Angelo Casè i più sensibili estimatori. Se Aldo Patocchi ha rilevato l’influenza di antiche culture mediterranee e precristiane (in particolare la cultura egizia) e ha indicato la monumentalità delle composizione di Erminia Fritsche, Gualtiero Schönenberger ha annotato che un’atmosfera mediterranea serena e fuori del tempo, fanno dell’arte di Erminia Fritsche un caso interessantissimo e raro di rievocazione di una classicità perduta, nell’iter di una pittrice di formazione nordica (nell’opuscolo Una vita per l’arte. Sei pittrice nel Ticino, Edizioni città di Lugano, 1982). Angelo Casè, dal canto suo, nella presentazione della monografia uscita nel mese di marzo di quest’anno nelle edizioni Tonino di Campione, ha fra l’altro scritto: Sia nei disegni, sia nei dipinti, annoto una uguale decisione di mano, tesa e coerente, in grado di grattar via l’inutile, di cancellare i futili dettagli, i nei particolari, per mirare con occhio libero e caparbio all’essenza primaria dell’uomo. Trovo che l’artista, in specie nelle opere più recenti, sta pervenuta a crearsi una tipologia umana che pare cavata da giacimenti fossili grazie a una perspicacia intuitiva degna di un valente paleontologo. (pagine 171 e 172)